Una madre

Non sono mai stata una grande appassionata delle cosiddette arti visive; sarà anche per la mia manualità pari a quella di un moscerino spiaccicato sul parabrezza. In questi giorni però sto studiando per l’esame di storia dell’arte moderna e mi sono ritrovata sul libro questa. È stata un’emozione incredibile, un groppo in gola che non c’era verso di far scendere giù. Non lo so perché. Certo, è un capolavoro assoluto. Certo, sembrano vivi. Ma non è stato questo. Sarà che l’ultima volta che l’ho vista dal vivo l’idea di diventare madre non era proprio contemplata dal mio cervello, sarà che da quando lo sono vivo le emozioni diversamente. Non lo so. Io qui ho visto solo una madre disperata che tiene con tutte le sue forze il corpo senza vita del figlio. E lo fa con una dignità incredibile. Quella mano sotto l’ascella. Quella mano mi sembra il centro di tutto. Poco importa che siano Maria e Gesù: sono una madre e un figlio. Morto. E mi sono chiesta come si faccia a non morire di dolore. Perché se il mio cuore era a pezzi nonostante ogni volta non sapessi ancora neanche il sesso dei miei figli frettolosi di volare, quando un figlio lo hai visto, baciato, cresciuto, accudito, brontolato, come si fa a lasciarlo andare? Quando hai miliardi di ricordi con lui? Quando è il centro di tutto? È la mia unica, grande paura. Prego di non saperlo mai. E niente, è ufficiale: sono diventata una pappamolle😅