La non-politica

Comunque. Seriamente. Credo che nessuno possa aver nulla da ridire su Draghi. È sicuramente competente, altamente credibile, una voce importante in Europa, uno che qualcosina di economia dovrebbe capirne, forse, addirittura, potrebbe essere l’uomo giusto al momento giusto.
Ma. C’è un ma, secondo me.
Tutto questo teatrino inguardabile è l’affossamento definitivo della politica. Affossamento iniziato con l’avvento di Berlusconi e terminato in questi giorni da Renzi. Ma non perché considero Berlusconi per quello che è (un delinquente-evasore-mafioso che dovrebbe stare in galera) ma perché con lui è cambiato il modo di fare politica. Con lui hanno iniziato a instillarci nel cervello il fatto che il politico non dovesse esserlo di professione, che dovevano smettere di parlare il politichese e parlare il linguaggio del borgataro perché così ci sarebbero stati più vicini, perché l’élite politica non conosceva la vita vera. Si sono abbassati all’italiano medio e lì è iniziato il crollo. Così è arrivato Bossi in canottiera che ruttava al microfono, Salvini in felpa che mangia il panino con la porchetta, Grillo con “l’uno vale uno”, Renzi che voleva rottamare anche la su’nonna, e via dicendo. (No, quelli di sinistra non li nomino perché la sinistra è non pervenuta, da decenni. È morta con Berlinguer).
Ecco il punto secondo me. Loro hanno continuato a essere completamente scollati dalla realtà (ma che ne sanno dell’essere precari a 40 anni, di dover aspettare un anno per un’ecografia, di donne costrette a scegliere fra lavoro o figli perché i nidi non ci sono e se ci sono devi vendere un rene al mese per pagarli, di avere sulle spalle un mutuo per trent’anni, di scegliere se pagare le tasse o gli stipendi ai tuoi dipendenti? Che ne sanno?) ma oltre a questo sono anche ignoranti come le capre e arroganti.
La politica deve essere in mano a un’élite. Élite nel senso di persone competenti, colte, oneste, che sappiano dove girarsi, che abbiano a cuore davvero quello che riguarda tutti: la politica, appunto. Non mi può governare il milanese imbruttito e a dorso nudo col crocifisso in una mano e il mojito nell’altra, ma neanche Giggino, che non sa neanche dove sta di casa o Zingaretti, che ha la vitalità di un gatto morto.
Io mi sono sempre interessata alla politica, mi ha sempre appassionato, sono stata consigliera comunale (mai più! Non fa per me), ho sempre saputo da che parte stare (meno chi votare e di solito la mia chiarezza di idee è inversamente proporzionale alla percentuale dei seggi ottenuti: quando ho le idee chiare, di solito non superano lo sbarramento). Questa, però, vi giuro, duro fatica a chiamarla politica. È così da qualche anno e il mio disagio non fa che crescere. Io non so più cos’è, questa cosa.